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Riflessione sul tempo

Il nostro modo di rapportarsi con il mondo non può prescindere dalla temporalità.

Ogni essere nel mondo, dagli umani agli animali alle piante ha un suo peculiare e soggettivo modo di stare al mondo e quindi di interagire con questo in base al suo concetto di tempo. In base a questo vengono significati gli eventi e gli accadimenti che ogni giorno incontriamo sul nostro cammino.

Provo a parlarne.


Tempo ciclico o tempo della natura.

In questa visione il tempo si ripete in eterno con il solito ritmo, la ciclicità delle stagioni e quindi del mondo vegetale pervadono il mondo sia umano che animale in quanto la sussistenza dell’uomo trova le sue fondamenta nell’agricoltura così come nel mondo animale da ciclicità della natura interagisce sulla fecondità e sull’alimentazione. Il tempo della natura non prevede futuro se non la ripresa dell’accaduto, è la memoria del capitato che impregna il tempo ciclico. La memoria diventa quindi saggezza nella vecchiaia, la persona anziana avendo fatto parte di più cicli naturali ricorderà qualcosa in più (saprà qualcosa in più) rispetto al giovane che avrà fatto meno esperienze.

In questo modello non c’è possibilità di dire di no o di si in quanto il tempo della natura non si presta a cambiamenti, non ti concede di sperare poiché il destino, predeterminato, non ti consente di far passare il tuo desiderio nell’ordine della regolarità dei cicli temporali. Vi è quindi limitazione dei desideri, nel desiderio è implicito qualcosa che ha a che fare con la mancanza, si alimenta di mancanza, le cose che si hanno si godono. Questo modello culturale è antitetico alla cultura che si basa sulla promessa della speranza.


Tempo scopico o tempo dell’Uomo

Guardo, vedo, ho uno scopo che io vorrei realizzare, l’ho bene in vista e provo a raggiungerlo. La libera scelta dello sguardo umano che si prefigge uno scopo ma che allo stesso tempo mette in penombra tutte le possibilità della vita che non ha messo a fuoco, che non sono state focalizzate dallo sguardo. In ogni infelicità c’è quindi una colpa per aver “oscurato”, per essere stati disattenti, per aver “guardato” solo un “oggetto” del desiderio. L’infelicità è quindi una forma di cecità. Fra lo scopo, il desiderio e il raggiungimento di questo ci sono un’infinità di avvenimenti che possono accadere ma di cui non abbiamo il controllo (buona sorte, Alea). Ed è per questo che abbiamo bisogno delle circostanze favorevoli/sfavorevoli (Kairos) ovvero di essere in grado di scegliere il miglior momento possibile per raggiungere il nostro scopo. Il passato in questo modello è ieri ed il futuro è domani ovvero un recente passato ed un immediato futuro, questo è il tempo che consente la realizzazione delle cose. In questo modello il tempo è molto contratto e per questo ci permette di definire una cosa come mezzo e come fine. E’ il tempo della tecnica.


Tempo escatologico

All’ultimo giorno si realizza quello che all’inizio era stato annunciato. Tutto ciò che non si comprende nel tempo è dovuto al fatto che ancora non siamo all’ultimo giorno, l’apocalisse. Questo è l’unico tempo depositario di un senso in quanto si inserisce nel tempo un disegno e quindi la storia. Con la storia questo tempo acquista una sua peculiarità una sua rilevanza, fuoriesce dalla temporalità ricorsiva, non ha conseguenzialità con il resto del tempo. Il Cristianesimo ha iscritto il tempo in un disegno ed ha scritto la storia. Il tempo escatologico è il tempo della fine del mondo. Non si riesce a dare senso (significato) al di fuori della visione storica del tempo e quindi riusciamo a dare significati soltanto all’interno di una storia di vita.

La domanda del senso, del significato che diamo ai comportamenti o più in generale agli accadimenti della nostra vita appartiene al tempo scopico ed al tempo escatologico. Il tempo della tecnica ci permette di dar-ci scopi e di raggiungerli attraverso la tecnologia in una ricorsività infinita mentre il tempo escatologico ci permette di inserire il disegno all’interno del tempo costruendo quindi la nostra storia. In base ai “movimenti” di questi fattori, ai significati, alle dissonanze, alla focalizzazione più o meno marcata su certe cose nasce o non nasce la psicopatologia o la tendenza a certi stili psicopatologici.

Se il ritmo da una parte è rapidissimo, dall’oggi al domani (tempo della tecnica) e la temporalità diviene momentanea entra in conflitto con il tempo escatologico che inizia da Adamo ed Eva e finisce con l’Apocalisse. Il nostro modo di stare al mondo diviene ambiguo è dissonante e questo fa nascere l’idea dell’insensatezza dell’incertezza patologica.


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